venerdì 28 marzo 2014

Educazione e Politica - Blogging day di marzo

Ogni mese il gruppo Facebook "Educatori, Consulenti pedagogici e Pedagogisti"  propone un tema, una riflessione educativa, alla quale partecipare con un proprio contributo scritto. Una volta raccolti, quest'ultimi vengono ospitati e divulgati dal circuito blogger di Snodi Pedagogici.

Il tema del mese di marzo: pedagogia e politica 



"La cura della polis attraverso le pratiche di accudimento sociali. Una dimensione politica dell'educazione che esiste, anche se il termine politica, oggi si confonde troppo spesso con "partito" e può spaventare. Politica ed educazione, invece: due facce della stessa medaglia. Perché se le pratiche educative non diventano cura dei territori e costruzioni di reti di significati sociali, l'educazione perde in partenza la sua sfida. Un'educazione che non ha bisogno dell'aggettivo "civica" per essere sostanziata. Perché educare è già un atto civico. L'educazione tras-forma l'umanità in cittadinanza".

Un tema che va oltre le classiche figure educative e che contempla chi nella società cresce, vive e in questa vede un'occasione da lasciare come eredità alle nuove generazioni.

Buona lettura.

‪#‎PEDAGOGIAEPOLITICA‬ – Educazione e Politica, di Angelo Bruno.


Da tempo nella mia quotidianità cerco di creare una connessione tra il mondo educativo e quello politico perché credo che questi siano due aspetti fondamentali della vita. Ciononostante non posso affermare di essere d'accordo con chi crede che educazione e politica siano le due facce di una stessa medaglia, in quanto i presupposti da cui essi stessi si originano sono a mio avviso molto diversi.

E' vero, la Politica non si limita al partitismo o al dibattito su un susseguirsi di governi o di leggi, è qualcosa di molto più ampio, qualcosa che va a toccare numerosi aspetti della nostra vita: il lavoro che facciamo in primo luogo, gli oggetti che compriamo, gli alimenti che mangiamo.
La politica si costruisce, inoltre, su valori ben precisi: regole, ideologie, dibattiti, scelte da intraprendere. Questi sono tutti concetti chiave in vista dell'obiettivo finale: organizzare e guidare la vita e la quotidianità di una comunità.
In tutto questo, l'eterna contrapposizione tra destra e sinistra, che sembra ormai superata e obsoleta,  va invece tenuta in considerazione poiché presuppone una concezione completamente diversa della società e di tutto ciò che di essa fa parte.

L'educazione, invece, si concentra maggiormente sullo sviluppo umano, sicuramente puntando alla relazione con il mondo e gli individui che lo abitano, ma partendo da presupposti molto diversi.
A differenza della Politica, non si può dire che l'educazione sia qualcosa di definito, che sia fatta di regole precise, di ideologie e che segua le stesse modalità del dibattito politico.
L'educazione è un processo volto alla formazione dell'individuo, alla sua emancipazione sociale e alla sua autonomia.

Sintetizzando si può affermare che l'educazione vede la società come un insieme di individui e la politica vede l'individuo all'interno di una società.

E' da una decina di anni che vivo quotidianamente sia all'interno degli ambienti politici (partiti-movimenti-amministrazioni-gruppi autonomi) sia degli ambienti educativi (cooperative sociali-associazioni di volontariato-oratori-c.a.g).

Sinceramente, quello che mi  rende perplesso è che nella maggior parte dei casi, in questi due ambienti, si parlano lingue molto diverse e non c'è la volontà di trovare una connessione tra i due mondi.
L'ultimo episodio concreto dove è stata espressa la volontà di parlare una lingua comune credo sia stato il movimento creatosi al G8 del 2001, dove cooperazione sociale e mondo politico hanno condiviso un percorso comune molto forte che mirava veramente agli stessi obiettivi.

A mio avviso, quello che solitamente accade è questo: chi fa l'educatore di professione, o comunque l'operatore sociale, difficilmente è impegnato politicamente (nel senso convenzionale del termine).
Lo dimostra, in primis, il contratto di lavoro che regola queste categorie.
D'altro canto coloro che sono vicini al mondo dei partiti, dei movimenti e della politica in genere fanno fatica a relazionarsi e a convivere con il mondo della cooperazione sociale.


Ora: come parlare ai ragazzi di politica?? Da dove iniziare?? Che tipo di dialettica utilizzare??

Parecchie volte mi sono posto queste domande.

Immaginiamoci un quaderno vuoto su cui iniziare a scrivere: la prima cosa che spiegherei ai ragazzi è la differenza tra destra e sinistra. Direi loro che, al di là di tutto, se le persone da anni dibattono sulle differenze tra queste due visioni, un motivo c'è. Che non è affatto vero che ''tanto sono tutti uguali''. La destra ha i suoi valori e la sinistra ne ha altri, totalmente diversi. Per esempio, cercherei di spiegargli la differenza che c'è tra pubblico e privato, l'enorme differenza di significato che esiste tra la parola libertà all'interno di un simbolo di un partito di destra e uno di sinistra. Cercherei di stimolare in loro la voglia di farsi un'idea, di cercare di immaginarsi un mondo, di riflettere su come cambia la vita delle persone in relazione alle scelte che un governo fa, alle politiche che mette in atto.
Dovremmo  ripartire da un punto zero, tutti dovremmo farlo, rimetterci in gioco senza però dimenticarci i valori che ci contraddistinguono. Senza dimenticare la bellezza del dibattito politico volto alla crescita della società.


 Se il ruolo degli educatori è fondamentale nella costruzione dell’individuo, allora è necessario che tale costruzione venga accompagnata dalla formazione di un pensiero critico nei confronti dell’esistente, e quindi di un pensiero politico.


Profilo Facebook dell'autore: Angelo Bruno


Tutti i contributi su #pedagogiaepolitica verranno raccolti qui

I blog che partecipano:
Il Piccolo Doge
Ponti e Derive
La Bottega della Pedagogista
Allenareducare
Nessi Pedagogici
E di Educazione
Bivio Pedagogico
InDialogo
Labirinti Pedagogici
Trafantasiapensieroazione


Snodi Pedagogici tiene a precisare che il percorso dei blogging day non è casuale, ma facente parte di un progetto culturale più ampio. Quest'ultimo si sta lentamente concretizzando e appena avremo alcune conferme ne daremo l'annuncio, chiedendo a chi ha partecipato fin dal primo se è d'accordo a prendervi parte.

Educare è un atto civico - Blogging day di marzo


Ogni mese il gruppo Facebook "Educatori, Consulenti pedagogici e Pedagogisti" propone un tema, una riflessione educativa, alla quale partecipare con un proprio contributo scritto. Una volta raccolti, quest'ultimi vengono ospitati e divulgati dal circuito blogger di Snodi Pedagogici


Il tema del mese di marzo: pedagogia e politica 

"La cura della polis attraverso le pratiche di accudimento sociali. Una dimensione politica dell'educazione che esiste, anche se il termine politica, oggi si confonde troppo spesso con "partito" e può spaventare. Politica ed educazione, invece: due facce della stessa medaglia. Perché se le pratiche educative non diventano cura dei territori e costruzioni di reti di significati sociali, l'educazione perde in partenza la sua sfida. Un'educazione che non ha bisogno dell'aggettivo "civica" per essere sostanziata. Perché educare è già un atto civico. L'educazione tras-forma l'umanità in cittadinanza".

Un tema che va oltre le classiche figure educative e che contempla chi nella società cresce, vive e in questa vede un'occasione da lasciare come eredità alle nuove generazioni.

Buona lettura.

‪#‎PEDAGOGIAEPOLITICA‬ – Educare è un atto civico, di Rita Leone.


Educare è un atto civico. D’accordo in toto con queste affermazioni e non per deduzioni filosofiche sul senso dell’educare.

Cerco di essere più chiara: ho voluto, ogni volta che mi sono relazionata, con un fine di aiuto (in senso lato), alla persona che mi stava di fronte, agire politicamente perché mi sono interrogata su chi sono nella relazione con l’altro e su come fare per strutturare e vivere al meglio un cammino insieme.
Per me educare è, infatti, capire e capirsi in un percorso in cui l’educando matura consapevolezze in uno scambio in cui anche l’educatore fa un percorso di crescita grazie agli sguardi e ai gesti dell’altro . Diventa quindi  un atto politico bidirezionale in cui l’azione politica è sia nell’atto di educare sia nell’atto di ricevere un feedback dall’educando. E’ un atto politico perché è ascolto. E’ un atto politico perché dopo l’ascolto diventa dialogo e a volte anche conflitto, che per sostanziarsi in termini educativi e formativi deve essere costruttivo ovvero “riflettuto” alla ricerca di una nuova soluzione. Metodo già intrinseco nelle premesse, almeno nelle intenzione dell’educatore.

Educare è arte di crescere insieme. Ed è un percorso che non ha strumenti concreti, se non quei paradigmi di azione pedagogica che sono propri del mestiere.

Educare è perseguire un fine comune anche nella relazione con l’equipe. Perché, mai come nel mestiere di aiuto, ho trovato la forte spinta a creare un gruppo di lavoro, nonostante la complessità che questo risultato comporta, nonostante le diverse premesse di motivazione, nonostante i diversi background formativi.  
Educare presuppone una capacità di sintesi e lettura del contesto e dei bisogni, ma anche dei doveri di ognuno degli attori del quadro educativo proprio di un’azione di responsabilità.

Per questo ritengo che essere educatore sia un atto politico, che non è adesione a sistemi partitici precostituiti, quanto una missione di creazione di benessere per se stessi e per le persone con cui si entra in relazione. 

MINIBIOGRAFIA DELL'AUTRICE
Mi presento: mi chiamo Grazia Rita Leone e sono un'educatrice professionale in prestito alla formazione.
Voglio scrivere della mia esperienza di educatrice. A tredici anni decisi che nella vita avrei aiutato i tossicodipendenti: è l’ho fatto presso una comunità terapeutica, mettendo dentro a questo mestiere/arte tutta me stessa.

Tutti i contributi su #pedagogiaepolitica verranno raccolti qui

I blog che partecipano a questo progetto:
Il Piccolo Doge
Ponti e Derive
La Bottega della Pedagogista
Allenareducare
Nessi Pedagogici
E di Educazione
Bivio Pedagogico
InDialogo
Labirinti Pedagogici
Trafantasiapensieroazione


Snodi Pedagogici, tiene a precisare che il percorso dei blogging day non è casuale, ma facente parte di un progetto culturale più ampio. Quest'ultimo si sta lentamente concretizzando e appena avremo alcune conferme ne daremo l'annuncio, chiedendo a chi ha partecipato fin dal primo se è d'accordo a prendervi parte.



giovedì 13 marzo 2014

Tra pedagogia e politica, lo spazio dell'Educazione.

In attesa del Blogging Day #pedagogiaepolitica di Snodi pedagogici, una scena di Educazione quotidiana.




Scena: centro di aggregazione giovanile, due ragazzi (F e D) e un'educatrice, al tavolo. Aspettando un'associazione culturale che vuole proporre ai due ragazzi di gestire il proprio sito, si parla di fatti di attualità politica.

F: ...il punto è che io ho 20 anni e non sono mai riuscito a votare. Io è da quando avevo 15 anni che provo a capire chi mi piacerebbe votare, ma non lo capisco...
D: dicono tutti le stesse cose...
F: dicono tutti le stesse cose, e a sentirle, sono tutte cose belle. Ma chi fa qualcosa? Io vorrei votare qualcuno che oltre a parlare dice qualcosa di vero...che poi cioè diventa vero...se no io non ci capisco un cxxxo.

In questa interazione comunicativa, l'educatrice non ha fatto in tempo ad intervenire. Se non nella parte,fondamentale, dell'ascolto. Sono infatti arrivati i rappresentanti di quell'associazione di cui sopra e tutti si sono concentrati sull'argomento da affrontare.

A pensarci bene, l'argomento è cambiato solo apparentemente: che un ragazzo ventenne (il nostro F), disoccupato se non a tratti, decida di imparare a gestire un sito per un contributo economico relativo, consapevole di poter fare un'esperienza formativa e sperare di avere qualche chance lavorativa in più. L'amico, D, anch'egli ventenne, fortunatamente con un lavoro, che decide di fare gratuitamente da tutor al suo amico perché possa anche solo guadagnare qualche centinaio di euro...beh, mi pare abbia molto a che fare con la politica.

Di questo si occupa ogni giorno l'Educazione, soprattutto in un centro di aggregazione giovanile. A chi la fa, mentre la fa, frega poco di fare ragionamenti e confronti tra i partiti attuali, passati e futuri.A chi la fa interessa insegnare ai ragazzi a pensare. Interessa insegnare ai ragazzi a pensare con un pensiero critico e il più possibile originale. A chi la fa, mentre la fa, interessa capire come poter insegnare a un ragazzo a sentirsi cittadino di una comunità, mentre fatica a trovare lavoro e si sbatte il più possibile per imparare a farne uno in ogni modo possibile e immaginabile.

L'educatrice riparlerà con questi ragazzi alla prossima apertura del cag. Ci saranno tante altre cose di cui parlare, da fare insieme. Ma non può perdere l'occasione di provare a capire, insieme a questi due ragazzi, se un modo per distinguere il "vero" di cui hanno bisogno, all'interno dei discorsi degli uomini di partito di oggi, può essere quello di continuare a scommettere su ognuno di noi, gente comune. Metterci alla prova, sfidarci per continuare a fare esperienze e, con esse, crearci un'idea più salda di ciò vogliamo, desideriamo. E provare a confrontare ciò in cui crediamo, con le parole che ascoltiamo alla radio, alla tv o che leggiamo sul web. Anche votare è una scommessa. Tanto vale puntare su qualcuno che sembra portare avanti i valori in cui impariamo a credere, crescendo. 
Agli adulti il compito di aiutare questi ragazzi a selezionare le esperienze da fare, per non disperdere le tante energie che hanno e sostenerli in un progetto di vita.

Il cag è il Camaleonte del Comune Pessano con Bornago, è gestito da Cooperativa Milagro e partecipa a alla rete Progetto Spazio Giovani Martesana.
Pagina Facebook: Progetto giovani Pessano con Bornago.

martedì 4 marzo 2014

Mediazione, una struttura educativa

La mediazione tra ruoli in relazione, viene definita come un'azione di gestione dei conflitti.

Terzo piano. Fino a qui, tutto bene.

La gestione del conflitto implica la presenza di una terza persona, tra due "litiganti", che non gode per nulla, se non nella sua veste professionale in qualità di colui o colei che mostra, a due persone in contrasto, nuove possibilità comunicative per potersi confrontare.

Secondo piano. Fino a qui, tutto bene.

Mostrando nuove possibilità comunicative, evidenzia lo scarto presente tra le volontà dichiarate dalle parti, che generano il conflitto, e i bisogni che sottendono a queste volontà, scardinandole e depotenziandole, aprendo la via al confronto.

Primo piano. Fino a qui, tutto bene.

Litigare, scontrarsi, avere la necessità di un terzo che medi per proteggere interessi superiori, come il benessere dei figli o di se stessi.

...il problema non è la caduta, ma l'atterraggio!

Non tutte le mediazioni finiscono a buon fine. Esistono numerose situazioni in cui le parti non arrivano ad un accordo. Tempo perso? Apparentemente sì e pure soldi.

Ma se imparassimo a capire cosa farcene dei conflitti che rimangono aperti e che non riusciamo a chiudere?
Questo, in un'ottica di mediazione in senso stretto, non è contemplato, o meglio si pone attenzione al minimo sindacale da raggiungere in termini di pacificazione.
Che la mediazione si sia resa negli anni una tecnica efficace e utile, nessuno lo vuole negare. Mi pare però che se non si vuole considerare il pedagogico sempre presente in un contesto di interazione sociale, ci si perda una grande possibilità: quella di dirsi che nella vita non tutte le relazioni sono pacifiche e che per star bene non serve solo evitare il più possibile che queste situazioni accadano, ma imparare ad affrontarle, imparare a starci dentro.

Nei servizi educativi e nelle consulenze pedagogiche a genitori, coppie, ruoli organizzativi, continuamente si mette in atto una pratica fondamentale per la gestione dei conflitti: ripartire dai ruoli sociali complementari in scena, riposizionarli, evidenziarne responsabilità e diritti e aprire nuovi sguardi di convivenza e nuove possibilità di relazione.
Immagino servizi di spazio neutro in cui lo sguardo pedagogico ritiene non abbia senso prevenire litigi e comunicazioni tendenziose, ma essere educativamente presenti con i ruoli in scena per insegnare ad ascoltare anche ciò che ci fa male, ci fa paura, ci fa arrabbiare, per imparare a rispondere alle comunicazioni che viviamo come "attacchi" a dichiarare i propri bisogni, dare valore alle proprie paure, imparare a dire "io ci sono, guarda i e ascoltami, non pensare solo a te stesso/a!". Essere in scena per insegnare a guardare la persona con cui siamo in interazione e ricordarci cosa è opportuno dire, al di là di quello che si vorrebbe dire, in nome dei bisogni che ci si riconosce. E questo vale in ogni servizio educativo e credo anche in ogni occasione di vita.



Scovare il pedagogico possibile in professioni che apparentemente non lo contemplano è affascinante. Permette di andare al cuore delle diverse strutture professionali.

lunedì 3 marzo 2014

Bisogni e privilegi - un pensiero sull'educazione a scuola

Qualche giorno dopo il Blogging Day di Snodi Pedagogici su #pedagogiaescuola, ho recuperato un vecchio scritto da me redatto dopo un progetto di formazione a cui ho collaborato per l'allora Studio Dedalo, di Milano.
Ne traggo alcuni stralci, lo scritto intero e molto più amplio, è intitolato Faglie semantiche e terremoti educativi. Lo potete trovare qui.

Quale ruolo pedagogico ha l'educatore scolastico? Cosa insegna ad alunni, insegnanti e genitori? Cosa può insegnare alla Scuola stessa?

L’Educativa scolastica [...] pone domande [...] poggiate sempre sulla necessità di riconoscere qualcuno di estraneo al contesto in cui ci si trova.
“Per chi è qui?” e “Perché per te?”.
[...] si origina quindi dalla faglia semantica che vede in relazione bisogni e privilegi.






Lavorare con il disagio colloca in maniera lampante l’operatore in una prospettiva di tipo politico: a seconda della risposta data al disagio, e delle risorse messe in campo per supportarlo, si conosce il modo in cui il sociale si assume la responsabilità di incontrare la disabilità, per esempio.

Ecco che quindi per raggiungere l’uguaglianza sociale in una Scuola che deve essere per tutti, le persone che vivono in condizioni di bisogno, hanno il diritto di godere di un sostegno all’apprendimento e all’esperienza scolastica.
Ben diverso è dire e pensare che l’educatore o l’insegnante di sostegno siano dei privilegi dati alla persona disabile (che viene aiutata, mentre gli altri devono fare da soli) o, in caso di disabilità gravi, ai suoi compagni di classe che, con questa soluzione, non sono disturbati e rallentati sulla strada della loro esperienza di incontro col sapere.


L’educatore scolastico è qui per questo, quindi, prima che per ogni altra mission organizzativa. Con la sua presenza, e con la lettura che di questa vuole mostrare, può insegnare importanti significati politici e sociali intorno al diritto di poter partecipare all’offerta dell’Istituzione scolastica, attraversando le difficoltà di incontrare il sapere codificato, che vanno a braccetto con le difficoltà di chi lo può incontrare, ma che non è capace di farlo insieme a chi ha bisogno di un sostegno. 

Ed insegnare questa capacità di convivenza e condivisione è invece un dovere istituzionale, che ha il compito di rimaner saldo [...].


[...] E’ svolgendo questa funzione che si attiva e mantiene il controllo sociale, impedendo alla Scuola di crollare sotto le sue stesse contraddizioni. Rischio insito nella stessa natura del sistema scolastico, aperto a tutti ma che fatica a essere per tutti.



Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.